25 Mar Psiconline: Intervista sui nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) al dottor David Lazzari
I livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse).
24 MAR 2017 – Il 18 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 12 gennaio 2017 con i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Supplemento ordinario n.15). Il nuovo Decreto sostituisce infatti integralmente – a distanza di 16 anni – il DPCM 29 novembre 2001, con cui i LEA erano stati definiti per la prima volta. Il provvedimento, che rappresenta il risultato di un lavoro condiviso tra Stato, regioni e società scientifiche, è stato predisposto in attuazione della Legge di stabilità 2016, che ha vincolato 800 milioni di euro per l’aggiornamento dei LEA.
Tra i cambiamenti più importanti introdotti da questo provvedimento vi è il riconoscimento del diritto di accedere ad interventi di natura psicologica per tutti gli individui che si trovino in situazioni di disagio.
Psiconline ha intervistato il Dottor David Lazzari, membro dell’Esecutivo e coordinatore della Task Force sui LEA del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi.
Finalmente i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero l’insieme delle prestazioni sanitarie che lo Stato e le Regioni si impegnano a garantire ai cittadini, riconoscono un ruolo significativo alla Psicologia e agli Psicologi. Come si è arrivati a questo risultato?
La revisione dei LEA del 2001 è stata lenta e complessa, perché ci sono valutazioni scientifiche (sono le prestazioni di efficacia dimostrata entrano) ed economiche (tra quelle efficaci si privilegiano quelle meno costose). Poi ovviamente ci sono in ballo gli interessi di categorie, ognuno cerca di tirare la coperta, che soprattutto di questi tempi è molto stretta, da una parte piuttosto che dall’altra. In ogni caso ritengo che stavolta sia stato fatto un lavoro di verifica molto serio, che ha coinvolto le società scientifiche, Ministero, Regioni e Parlamento.
L’Ordine nazionale già nei primi mesi del suo insediamento nel 2014 ha promosso una serie di azioni – cito ad esempio il GdL sulle Evidenze e gli Esiti degli Interventi Psicologici, il convegno sulla efficacia ed efficienza delle nostre attività nel campo della salute (novembre 2014, con la partecipazione del ministero della Salute), l’attivazione, d’intesa con il sindacato Aupi, di un Tavolo Tecnico per la Psicologia al Ministero della Salute e via dicendo. Ci siamo posti come interlocutori seri e propositivi nei confronti dei decisori istituzionali e delle altre professioni.
Questa è una premessa importante, perché per essere ascoltati è fondamentale superare tanti luoghi comuni o visioni riduttive che ci riguardano e ci penalizzano.
Dall’idea di scarsa concretezza dei nostri interventi, a quella che ci relega al ruolo di “piccoli psichiatri senza farmaci” o di dispensatori di “supporti” generici (magari utili ma certo non indispensabili). L’idea che la psicologia e la psicoterapia siano comunque un “costo aggiuntivo”, molto più caro dei farmaci, è molto diffusa e sta a noi dimostrare che non è così.
E’ grazie a questa azione che siamo arrivati ad avere il risultato che oggi giustamente salutiamo come una grande conquista di civiltà, ovvero il fatto che Stato e Regioni riconoscono l’assistenza psicologica e psicoterapica (anche la distinzione è importante, perché anche se spesso i confini non sono lampanti si tratta di due livelli diversi) come un diritto dei cittadini.
Potrebbe illustrarci brevemente i principali punti del decreto sui Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)?
Il Decreto sui LEA (12 gennaio 2017) è composto da centinaia di pagine e non è semplice fare una sintesi. Però i punti essenziali per noi sono questi:
Da un lato ci sono gli ambiti più tradizionali: ovvero l’assistenza ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e dello sviluppo; alle persone con disturbi mentali; alle persone con dipendenze patologiche (non solo droghe), alle quali si aggiunge l’assistenza alle persone con disabilità.
In questi ambiti non solo viene prevista o ribadita la erogazione di interventi psicologici (es. colloqui clinici, interventi psicoeducativi alle persone e alle famiglie) e psicoterapici (individuali, di coppia, familiari e di gruppo) ma il ruolo degli psicologi assume maggiore rilievo perché si parla sempre di “valutazione diagnostica multidisciplinare”. Questo vuol dire che la diagnosi psicologica ha la sua specificità e concorre alla valutazione complessiva della situazione con pari dignità.
Si prevede anche una “individuazione precoce e proattiva” dei disturbi e una collaborazione tra ambito sanitario e sociale: e questo è un altro aspetto per noi significativo perché implica una strategia di attenzione ai contesti ai quali siamo maggiormente vocati e perché lo psicologo è una figura con forte valenza sociale.
Accanto all’area dei “disturbi” in senso stretto vi sono altre due aree, una legata ai temi della donna e della procreazione (maternità e paternità responsabile, consulenza preconcezionale, tutela della salute della donna, problemi legati alla gravidanza, interruzione della gravidanza, problemi di sterilità, menopausa) per i quali è sempre prevista la tutela degli aspetti psicologici (consulenza, supporto psicologico, valutazioni, psicoterapie).
La seconda area, che chiamerei del “disagio psicologico” in generale, prevede interventi psicologici e psicoterapici per minori, adolescenti, individui, coppie e famiglie “in condizioni di disagio”. Si tratta del riconoscimento dell’importanza per la salute di tantissime situazioni che sinora hanno trovato risposte episodiche e parziali o, più spesso, nessuna risposta.
Che tipologia di vantaggi economici e sociali deriverebbero dall’attuazione di queste norme?
Vi sono due ambiti di dati che vanno considerati. Da un lato il costo, non solo umano ma economico, di tanti problemi non intercettati e non trattati (o non trattati adeguatamente, spesso medicalizzati) dal sistema sanitario. Dall’altro i vantaggi che comportano molti interventi psicologici, i quali come si dice “si pagano da soli” perché evitano altri costi.
Gli studi epidemiologici mostrano che – anche eliminando ogni altro possibile fattore di rischio (livello socio-economico, culturale, stile di vita, staro di salute) una condizione di disagio psicologico aumenta a 15 anni la mortalità dal 38 al 67 % a seconda della sua gravità (Lazzari, 2017), i dati su ansia e depressione sono impressionanti, soprattutto le forme lievi o moderate che riguardano il 38% dei cittadini europei nell’arco di vita (Van Ameringen et al. 2017).
L’OMS stima che i disturbi dell’area psichica sono quelli che comportano i costi maggiori rispetto a qualsiasi altra area di patologia, ed in questo ambito quelli di cui si occupano di più gli psicologi fanno la parte del leone.
Il riconoscimento del diritto dei cittadini ad accedere all’assistenza psicologica può essere considerato un passo avanti verso l’istituzione di figure professionali, quali lo Psicologo di Base o delle Psicologo delle Cure Primarie?
Innanzi tutto dobbiamo arrivare ad una definizione univoca di queste figure, perché girano troppe terminologie. Lo “psicologo delle cure primarie” è una figura che lavora in integrazione con gli operatori – a cominciare dai medici di medicina generale (una volta detti “di famiglia” per capirci) in un ambito di base, che deve intercettare e dare una prima risposta a molti problemi.
Se pensiamo che una quota importante (tra il 30 ed il 45%) delle persone che si rivolgono al medico di famiglia ha un problema di disagio psicologico che si esprime come sintomi ansiosi, depressivi, comportamentali o somatici funzionali, possiamo capire l’importanza di questa collaborazione.
Ora con i nuovi LEA questi problemi devono essere riconosciuti perché hanno diritto ad una risposta appropriata e di tipo psicologico. Dovremo pertanto sollecitare i decisori politici facendo forti di questo dato, che di per se non comporta la istituzione di questa figura ma certamente la rende coerente e plausibile.
In altre parole oggi abbiamo creato delle premesse concrete per arrivare a questo obiettivo in tempi e modi ragionevoli. Intanto è importantissimo avviare delle esperienze a livello regionale, perché sappiamo che sono le Regioni che hanno un grande potere in questo ambito.
Come ultima domanda, crede che tale riconoscimento possa favorire una nuova concezione e una maggiore apertura verso la figura dello psicologo?
Il risultato dei LEA è un punto di arrivo ma anche – ed è fondamentale – di partenza. Sarebbe tragico fermarsi ora o cullarsi sugli allori. Sappiamo quante leggi restano sulla carta e quanto è difficile crearsi uno spazio rispetto a rendite di posizione consolidate e politicamente più forti. Il CNOP farà la sua parte, sia mediante il lavoro della Task Force che mediante ogni opportuna iniziativa nazionale, ma i LEA dipendono molto dalle singole Regioni nella loro applicazione e quindi il lavoro locale è molto importante.
Gli obiettivi sono: a) proporre modelli operativi ed organizzativi efficaci ed efficienti per l’attuazione degli ambiti psicologici nel Sistema Sanitario, anche superando l’attuale frammentazione e carenza di progettazione per le attività psicologiche. b) coinvolgere i liberi professionisti nella attuazione degli interventi previsti dai LEA, con forme di collaborazione e/o convenzione che dovremo studiare e proporre.
Teniamo presente che i LEA prevedono che si definiscano dei criteri per la erogazione degli interventi, il loro monitoraggio e la verifica dei risultati, quindi dobbiamo attrezzarci per fare bene e non rischiare di dover tornare.
L’altra cosa è che dobbiamo fare azione di informazione verso i colleghi ed il mondo professionale, ma anche verso i cittadini. L’assistenza psicologica è ora un diritto ed è importante che i cittadini lo sappiano.
Ringraziamo il Dottor David Lazzari per aver risposto alle nostre domande in maniera esauriente e ci auguriamo che tale provvedimento possa essere presto applicabile, affinché tutti gli individui in situazioni “disagio psicologico” possano usufruire dei servizi del Sistema sanitario nazionale.
Da Psiconline del 28 marzo 2017
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