Psicologia sanitaria: la persona al centro del sistema

08-05-2009 – Medicina e psicologia insieme per maggiore efficacia negli interventi sanitari con minori costi. Convegno nazionale a terni il 15 maggio

Occorre stabilire un rapporto più proficuo tra medicina e psicologia per rendere più efficaci gli interventi sanitari e porre al centro dell’attenzione le persone, non solo gli organismi. I risultati scientifici sulle interdipendenze tra mente e corpo, il ruolo fondamentale dei fattori psicologici nello stress, i dati sull’importanza della relazione nei processi di cura sono al centro del primo convegno nazionale di psicologia sanitaria  “La persona al centro del sistema: la psicologia sanitaria evidence-based”, in programma il 15 maggio a Terni (sala conferenza azienda ospedaliera Santa Maria, dalle 9). L’appuntamento si pone l’obiettivo di stabilire un confronto sulla materia, basandosi sugli interventi già attuati con successo, e costruire strategie ed interventi più appropriati ed integrati per ridurre i costi individuali, sanitari e sociali legati alla salute. Il convegno coincide con la costituzione della Psisa (Associazione italiana di psicologia sanitaria ed ospedaliera).
“Siamo abituati ad avere a che fare con una medicina che si occupa di malattie e di corpi, non di malati e di persone – afferma David Lazzari – direttore del convegno e responsabile del servizio di psicologia ospedaliera dell’ospedale di Terni –  parallelamente pensiamo ad una psicologia che si occupa di qualcosa di astratto: menti, pensieri, fantasie, qualcosa che non ha niente a che fare con le cellule, con gli organi o con i disturbi e la malattie del nostro corpo.
E’ una visione destinata a cambiare sotto la spinta di due fondamentali fattori: le tante novità fornite dalla ricerca scientifica in questi anni e le nuove esigenze e sfide che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare”.
Alcuni studi confermano la necessità di incrementare questo rapporto. Uno studio inglese ((Programma Whitehall) ha seguito 10.000 persone per ben 20 anni: lo stress psicologico è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Una persona con elevato stress psicologico cronico ha sino al 70% di probabilità in più di sviluppare una malattia cardiovascolare. Analoghi studi esistono per molte altre malattie, a partire dal diabete sino all’ictus e cominciano ad esserci dati interessanti anche sui tumori. Un significativo studio epidemiologico, condotto in Svezia dai ricercatori della Sahlgrenska Academy di Goteborg, che hanno seguito 1.350 donne a partire dalle metà degli anni Sessanta, sottoponendole periodicamente  a questionari di valutazione dello stress psicologico: dopo 24 anni di osservazione è risultato che le donne con stress più elevato hanno un rischio di cancro al seno pari al doppio delle donne con basso stress.
“E’ quindi importante diffondere interventi psicologici di stress management, che si sono rivelati efficaci nella riduzione dello stress – osserva Lazzari – non solo per migliorare la qualità della vita ed il benessere psicologico ma come prevenzione della patologia fisica. Ma i fattori psicologici negativi non agiscono solo favorendo la malattia, essi hanno un ruolo importante anche nelle situazioni di malattia: fanno la differenza nel modo di reagire e fronteggiare il problema, nella gestione della malattia e nella qualità della vita, incidono sulla adesione e sulla risposta alle cure, persino sul decorso o la comparsa di complicanze  e ricadute”.
In questo contesto va valutato il costante aumento delle malattie croniche, che necessitano di una vera e propria “alleanza terapeutica” tra paziente, operatori sanitari e servizi. Il numero di persone con problemi di salute cronici aumenta annualmente e supera un quarto della popolazione nei Paesi occidentali, aumentano gli “over 65” ed aumenta in questa fascia l’incidenza di patologie croniche del 50% negli ultimi 10 anni.
Esistono crescenti evidenze sulla efficacia degli interventi psicologici, anche brevi ed effettuati in gruppo purché mirati, nel miglioramento delle situazioni di malattia. Essi hanno un obiettivo potenziare le abilità e le risorse personali nella gestione del problema, di responsabilizzare la persona senza colpevolizzazioni o atteggiamenti assistenzialistici.
“Una meta-analisi basata su 37 ricerche, riferite a pazienti con problemi cardiaci, ha evidenziato che le persone che hanno partecipato ad interventi psicologici – sottolinea Lazzari – hanno avuto, rispetto ai pazienti con analoghi problemi, un significativo e positivo effetto sulla pressione sanguigna, sui livelli di colesterolo, sul peso corporeo, fumo, attività fisica ed alimentazione, e soprattutto una riduzione della mortalità per malattie cardiache del 34% ed una diminuzione di nuovi infarti pari al 29%. Non va dimenticato, inoltre, che questi interventi riducono i costi personali, sanitari e sociali legati alla malattia, diminuendo il “peso” complessivo della malattia.
Un intervento di sole 14 ore in persone con malattie croniche ha determinato una diminuzione dei ricoveri ospedalieri nei partecipanti del 20% nei 12 mesi successivi rispetto ad altri pazienti con le stesse malattie.
Questo è l’orizzonte nel quale si inserisce il convegno di Terni, appuntamento che si annuncia qualificato per il livello dei contributi e per la innovativa formula di confronto interprofessionale tra medici e psicologi all’insegna delle evidenze scientifiche disponibili e delle indicazioni derivate da esperienze significative.
Le diverse sessioni approfondiranno lo stato dell’arte della ricerca scientifica su queste tematiche, i problemi delle persone con cardiopatie, diabete e tumori e gli interventi appropriati in questi ambiti, la gestione dello stress negli operatori e lo sviluppo dei processi aziendali in una logica di rete e di lavoro per obiettivi.Per informazioni

David Lazzari
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